
Ovunque volgi lo sguardo
Ovunque volgi lo sguardo
Angoli di Poesia
Senso di Pace
Ovunque volgi lo sguardo
Angoli di Poesia
Senso di Pace
Opera di Maura De Nardis
Sembro scolpita nel ghiaccio
Vai oltre l’apparenza
E vedrai il fuoco che arde
Naufragando su Scogli del Pensiero
Cosa resta del nostro giorno
Steli d’erba ondeggiano dolcemente
Opera di Maura De Nardis
Mi offri la realtà
Mentre io
Vorrei solo volare
L’Arte marziale è soprattutto una fonte che non si limita alla disciplina insegnata nel Dōjō, coinvolge svariati aspetti della vita, specificamente nel Tiro con l’Arco Giapponese c’è un assioma che ogni tanto viene ricordato: “Il Kyudô è come la vita”.
Da diverso tempo ormai il Kyudô non si pratica più per un fine pratico, come la caccia o la guerra, non si è più quindi costretti o pagati per seguire questa via, ci deve essere una scelta precisa che inevitabilmente porta ad un effettivo confronto con se stessi, questo necessariamente mette a contatto con la cosiddetta “Attitudine Personale”.
Esistono, per quanto ne sappia io, tre modi principali per approcciarsi alle varie situazioni in cui ci si deve impegnare: il possedere ciò che si può definire talento, per cui in teoria si è avvantaggiati sentendo quasi da subito una certa attinenza con ciò che si sta facendo; oppure, pur senza avere particolari affinità iniziali, ci si sente a proprio agio e portati all’impegno; o ancora ci si sente in un certo qual modo respinti, non riuscendo a eseguire il necessario e avendo molte difficoltà ad andare avanti (non mi piace usare la parola “negati”).
Normalmente colui che possiede del talento, in un contesto umano, risulta avere una marcia in più nelle varie situazioni, ma nell’Arte Marziale, come è stato già trattato nell’articolo “Fascino del centro”, si deve considerare che un risultato veloce e appagante fa perdere il punto che deve sempre essere presente, cioè il fatto di ottenere un gesto corretto non solo per il risultato ottenuto, ma che abbia anche un determinato stile, il quale, se si ritiene di continuare a seguire il metodo, viene dettato dalla scuola e non deve essere in alcun modo modificato.
Questo è molto visibile in un contesto come il Kyudô, in cui si trovano elementi che possono dare un appagamento immediato, in genere colui che ha un certo tipo di attitudine alle volte è anche qualcuno che si sentirà molto represso nel suo procedere, visto che certamente avrà l’impressione di fare le cose bene, tendendo però a inserire elementi personali, senza nemmeno accorgersene, quindi difficilmente riuscirà ad andare avanti senza avere l’impressione di essere ostacolato. Appena ci si rende conto del talento, si deve affrontare subito l’argomento della pratica, senza lasciare che la cosa prenda il sopravvento, cercando di mitigare questa energia potente, altrimenti a lungo andare la persona non riuscirà a continuare.
Va da se che per colui che non ha una vera e propria attitudine, in genere attratto a una disciplina marziale per ragioni abbastanza generiche, il quale si ritroverà quasi subito ad avere difficoltà ad utilizzare i materiali o ad approfondire determinati argomenti, andare avanti diventa molto gravoso, in genere sono coloro che abbandonano la pratica molto presto, soprattutto quando si tratta di un’attività come questa, in cui non si deve fare uno sforzo fisico particolare ed è un’attività molto mentale, cosa che inevitabilmente porta a un’osservazione continua. Ciononostante ci sono persone che continuano perché trovano comunque dei benefici, e vedono la difficoltà come una crescita personale.
Chi si troverà invece in una condizione ideale per poter proseguire è colui che inizialmente non ha particolari facilitazioni, ma scopre le cose con calma, lavorandoci sopra, non soffermandosi su quello che è esteriore, avendo un certo gusto per il particolare. Essere costante è basilare, è proprio il metodo che lo richiede, ci si deve allenare molto per raggiungere lo scopo, che sembra sfuggire per diverso tempo, inizialmente avendo fiducia nell’insegnamento, visto che gli argomenti trattati si sveleranno poco a poco, degno di nota è sicuramente il fatto che alcune pratiche sembreranno essere molto affini ai famosi KŌAN, cioè non si riuscirà ad arrivare al movimento corretto con il ragionamento logico, ma superando alcuni limiti che nessuno crede legati proprio al fatto che quest’ultimo fa perdere la naturalità del gesto.
Ovviamente non è detto che chiunque si cimenti in questo modo non sia esente da difficoltà, qui si sta parlando di una situazione molto ideale, presupponendo un procedere della pratica che ha come scopo finale il compimento dell’arte, comunque vada la cosa più importante è sempre mettersi in gioco.